Mi chiamo Roberto e come tanti di noi, nutro diverse passioni, tra queste la cucina in senso ampio, con una particolare attrazione verso il mondo della pasticceria e oggi vi parlerlò della pizza fatta in casa.
Sarà perché ci sono cresciuto dentro quei profumi, da prima nella bottega che il mio babbo fornaio-pasticcere aveva quando ero piccolo, poi perché da quella bottega è germogliata un’idea, da cui ha avuto origine la conversione ad una grande azienda, dove lo spolvero di farina era tratto indelebile.
Parlando della mia passione per la pasticceria e per i lievitati con Antonio e Cristina di AFcoltellerie, di cui sono cliente da anni, mi hanno proposto di condividere il mio pensiero e le mie esperienze in questo articolo di blog.
Non sono un professionista, non più almeno, ma un semplice appassionato, curioso e caparbio, che ha avuto la fortuna di sommare una serie di competenze nel settore panetteria e pasticceria ed altri ambieti, sempre nel settore alimentare.
Vorrei così parlarvi di un tema che richiama il desiderio comune a tanti..realizzare una buona pizza fatta in casa.
Non si tratta della ricetta perfetta, non ho certo la formula segreta per ottenere quello che tutti vorrebbero raggiungere, ma vi dirò alcuni suggerimenti, che forse a qualcuno potrebbero giungere nuovi ed utili.
Mi concentrerò su alcuni principi guida, lasciando ad ognuno di voi la soddisfazione di ricercare ed ottenere, in base ai propri mezzi, il miglior risultato possibile.
COME REALIZZARE UNA BUONA PIZZA FATTA IN CASA
Vi sono svariati componenti che determinano il successo di una buona pizza fatta in casa, un insieme di fattori.
Ai miei occhi non vi è un ordine di importanza, perché davvero tutti svolgono un ruolo fondamentale.
Immaginate che la dinamica è la stessa di ciò che avviene in un team di Formula 1: anche se hai il pilota con eccezionali capacità, ma il mezzo non è sufficientemente evoluto, o il team tecnico preparato ed affiatato, o non hai i giusti pneumatici...il pilota giungerà al traguardo, ma difficilmente avrà ottenuto il miglior risultato.
Detto questo, provo ad addentrarmi nel tema in punta di piedi, offrendo la mia personale visione intorno a questo argomento.
La farina
La farina ha un ruolo importantissimo.
In tanti anni ho sentito spesso declinare la scelta della farina tra 0 e 00, come se questo fosse indicatore sufficiente per definirne la qualità.
Va compreso che la farina è un elemento vivo, è il risultato di una macinatura di grani, dove ogni raccolto è differente di anno in anno e quindi le sue caratteristiche; un pò come avviene nel vino e le sue annate.
Non possedendo una laurea specifica non posso e ne voglio parlare di biologia o chimica, solo estendere la vostra attenzione sulle caratteristiche che la farina deve avere per essere affine all’impiego di destinazione e consentirvi di scegliere quelle idonee, nel momento in cui vi troverete davanti allo scaffale pieno di diverse varietà e marche.
Certo più facile centrare la scelta rivolgendosi direttamente ad un mulino, ma non sempre è possibile, a volte anche solo per i formati disponibili. (io ad esempio acquisto sacchi da 25 kg e devo inventarmi sempre posti dove nasconderla per non incorrere nello sguardo allibito di mia moglie).
La farina si divide per prima cosa in gradi di raffinazione:
Quindi in scala dalla meno raffinata (integrale) dove la parte di crusca è pienamente contenuta nella farina, sino a giungere a quella totalmente raffinata (00).
Qui rientra in massima parte la vostra scelta personale quindi il gusto, non è pertanto il parametro che dovete tenere per declinare se la farina sia idonea o meno.
Su ogni pacco vengono indicati i valori nutrizionali ed è qui che invece dovete prestare attenzione, queste sono le uniche informazioni disponibili se non ci rivolgiamo ad un mulino, e seppur non ci offrano una identificazione chiara e completa delle caratteristiche del lotto.
Di norma dobbiamo tenere conto della quantità di Proteine, la quantità in grammi, meno proteine saranno presenti e meno la farina avrà caratteristiche di estensibilità e forza.
Ad esempio io uso farine con relativa quantità di proteine, tra 8 e 9 grammi per chilo per la produzione di frolle, idonee quindi ai biscotti, mentre per la pizza mi oriento maggiormente a farine con 13-15 grammi per chilo, e per i grandi lievitati come il panettone cerco di scegliere farine ancora più tenaci tra i 15-16 grammi per chilo.
In pratica si può associare questi valori alla maggiore presenza di glutine, elemento distintivo fondamentale.
Di norma questa caratteristica viene espressa attraverso l’indicazione del W:
più è alto più la farina sarà forte, quindi in grado di reggere una estensione della struttura (maglia glutinica) e pertanto dilatarsi senza spaccarsi durante la fase di fermentazione (lievitazione).
Alcuni mulini hanno cominciato ad esibire anche questo valore (W) rendendo immediata l’identificazione, in questo caso per la pizza cercherei di stare tra i 340 e 420 di W, nel caso superiore, ma non di certo inferiore a valori di 300W.
Anche qui non sarebbe completa l’analisi della farina, perché la quantità di glutine non indica necessariamente la caratteristica di elasticità (per chiarezza grani con differente provenienza a parità di W possono tranquillamente comportarsi in modo davvero differente), ma di certo stabilisce la linea chiara di cosa non dobbiamo usare.
Ovviamente anche l’acqua, perché ricca di minerali, ha caratteristiche differenti, ma ci accontenteremo di ciò che abbiamo a disposizione nella nostra area.
Altro elemento che incide profondamente sul risultato è il metodo con il quale viene eseguito l’impasto.
Si può impastare a mano come si è sempre fatto prima dell’avvento delle macchine, tuttavia il vantaggio delle macchine, è che offrono risultati sempre stabili ed in base al tipo di macchina anche una eccellenza di risultato che spesso è ben superiore a quanto potremmo mai raggiungere impastando a mano.
Elementi da controllare nel dettaglio per un eccellente risultato sono:
Per quest’ultima, la cottura, la scelta del forno, la temperatura del forno ed i tempi di cottura, sono elementi su cui prestare particolare attenzione.
L’impastatrice
Esistono differenti macchine per impastare, io personalmente utilizzo l’impastatrice planetaria Teddy di Varimixer, seppur per questo specifico impiego non sia la scelta più centrata.
Alcune macchine come l’impastatrice a braccia tuffanti o a forcella offrono qualche vantaggio in termini di ossigenazione e contenimento dello sviluppo della temperatura durante l’uso.
L’impastatrice a spirale conserva come la planetaria un potenziale incremento del calore dell’impasto durante l’uso.
Il motivo per cui utilizzo la planetaria è perchè essendo a casa (stessa cosa potrebbe avvenire in un ristorante, dove spesso le cucine non sono così ampie) ho dovuto fare una scelta in funzione del pluriuso, difatti non faccio solo pizza, ma infinite altre lavorazioni ed in assoluto questa è stata la scelta migliore che potessi fare.
Certo non tutte le planetarie sono uguali, anzi.
Come per la farina ci sono diverse caratteristiche che possono assicurare o annullare il risultato.
Ho compreso che molti di noi identificano la qualità della macchina in rapporto ai dati comunicati dai costruttori, dove gli indicatori principali sono la capacità e la potenza dichiarata.
Quest’ultima ha un notevole importanza, cerco così di spiegare questo dettaglio: ad esempio spesso tendiamo a pensare che una macchina che abbia una potenza di 1500W sia superiore ad una che ne ha 500W, ed ovviamente è vero!
Tuttavia è una parziale verità, perché la scelta del tipo di motore adottato dal costruttore sposta ed anche di molto il risultato.
La planetaria Teddy, con capacità di 5 litri mi permette a pieno carico di lavorare 3 kg abbondanti di impasto per ottenere 3 colombe pasquali.
Questa impastatrice utilizza un motore ad induzione (o tradizionalmente chiamato asincrono quindi non a spazzole), la macchina ha una potenza assorbita di 500W ed una resa reale pari a 475W quindi con una perdita davvero minima del 5% rispetto a quanto assorbito.
I costruttori che utilizzano questo tipo di motore sono pochissimi nel mondo, perché il motore costa molto di più di un comune motore a spazzole, ampiamente utilizzato nelle planetarie domestiche disponibili ormai ovunque ed anche a prezzi bassissimi.
Questi motori hanno di norma una caduta di potenza media pari al 75% (in pratica ad un assorbimento di 1500W corrisponde un reale uso di circa 375W).
Oltre alla potenza c’è un altro parametro non trascurabile, la coppia motrice.
Con un inverter (quello in dotazione nell’impastatrice che ho scelto e non negli elettrodomestici) si controlla non solo la velocità (quello che fanno i variatori di velocità negli elettrodomestici), ma anche la coppia motrice.
In sintesi si assicura una condizione fondamentale, che in assenza di inverter non è possibile ottenere: controllare la velocità e la coppia motrice quindi la potenza.
Tutta la coppia motrice disponibile è stata spostata alle basse velocità, assicurando così di avere tutta la potenza necessaria durante le funzioni di impasto, andando per questo a sottrarre coppia motrice nelle velocità più alte, dove di norma non è richiesta potenza, ma bensì velocità (esempio montare meringa o panna).
Tutte le altre impastatrici, anche in condizioni di grande potenza assorbita, avranno una resa reale drammaticamente inferiore, a cui si somma l’impossibilità di offrire tutta la coppia motrice necessaria nelle fasi di impasto, questo perché la coppia motrice cresce al crescere della velocità, il che significa che tutta la potenza sarà disponibile solo nelle funzioni tradizionali con la frusta (esempio montare la panna) quando si raggiunge la massima velocità.
Questa impastatrice Teddy di Varimixer ha un prezzo maggiore di altre a parità di capacità, ma per le ragioni che ho cercato di spiegare sopra e per la qualità costruttiva, immediatamente percepibile appena ci si avvicina, evidente e imparagonabile alle impastatrici più economiche quando si utilizza.
I risultati sono evidenti non solo negli impasti realizzati, ma anche nel momento della cottura.
Con l’impastatrice Teddy di Varimixer la qualità degli impasti a parte la potenza, è estremamente soddisfacente, perché l’uncino in acciaio inox in dotazione ha una forma che consente il costante rimescolamento dell’impasto spingendolo sul fondo, cosa che avendo provato diverse altre impastatrici planetarie non ho mai ritrovato.
Molte volte con le altre impastatrici mi sono trovavo costretto a spegnere la macchina per staccare l’impasto che si era avvitato sull’utensile, riporlo nella vasca e riavviare, ma dopo pochi secondi ero di nuovo da capo.
Qui non avviene mai, e questo consente una riduzione dei tempi di impasto a vantaggio del contenimento dello sviluppo di calore durante la lavorazione.
Non è mai un vantaggio far crescere la temperatura dell’impasto perché attiva rapidamente il lievito riducendo i tempi di maturazione dell’impasto.
Il forno
Il forno è un elemento che determina in modo estremamente evidente, il risultato di una pizza.
Ovviamente tutti a casa abbiamo già il nostro forno, quindi posso darvi alcune opinioni in merito al tema e vedere di sfruttarlo al meglio.
La pizza richiede sempre temperature molto più alte di quanto non sia necessario per prodotti di pasticceria e gastronomia, dove possiamo normalmente cuocere tra i 65°C circa per le cotture a bassa temperatura ed i 185°C circa per prodotti di pasticceria.
La pizza invece richiede temperature ben più alte; si può passare da circa 320°C a 420°C in base al tipo di impasto, idratazione, pezzatura.
Difficilmente a casa superiamo invece i 250°C ed in più non è detto che siano valori reali.
Quindi cosa fare? un primo accorgimento è scaldare bene e a lungo il forno (se possibile anche 1H prima) alla massima temperatura disponibile, spostare la trasmissione termica sul fondo utilizzando i settaggi.
Sarà avvantaggiato chi ha il forno a gas perché è quello che, per questo specifico uso, ha di certo una marcia in più in quanto il bruciatore è sempre presente anche in basso e quindi avendo una fiamma libera si può mantenere una temperatura sul fondo maggiormente costante.
Tenete in considerazione che ogni secondo che lo sportello rimane aperto, la caduta di temperatura è davvero enorme, in 10 secondi circa si può passare da 250°C alla metà ed anche meno, pertanto quando aprite dovrete essere il più veloci possibili per non perdere tutto il vantaggio acquisito nel preriscaldamento.
Se avete una pietra refrattaria può essere un vantaggio perché se posta sul fondo e scaldata a lungo seguendo quanto indicato sin qui, questa conserva a lungo il suo volano termico e fare la classica pizza cotta come in pizzeria non è così impossibile, anzi, ovviamente con i limiti della temperatura a disposizione il che significa allungamento dei tempi di cottura ed una maggiore evaporazione.
Ricetta e procedimento
Una ricetta base, che come detto al principio non vuole essere migliore a nessuna, ma uno spunto da cui partire, per poi attuare tutte le proprie variazioni (per esempio la quantità di acqua, a seconda della quantità di acqua aggiunta si può sperimentare l’alta od altissima idratazione).
Nella mia scelta personale utilizzo una farina arricchita con una percentuale di crusca, pur restando chiara quindi non bianchissima, ne trae vantaggio del gusto ricco, che queste farine secondo me offrono.
Si possono alternare l’uso di altre farine, come la rimacinata di grano duro, il kamut, farro, miscelazioni con germe di grano, farina di riso, fecola di patate, ed altro; sta a voi trovare la vostra ricetta del cuore.
La mia ricetta prevede l’uso della biga, il che significa la produzione dell’impasto attraverso più passaggi per ottenere l’impasto conclusivo.
Quello che per me è indispensabile avere è un termometro preferibilmente digitale
una caraffa, possibilmente graduata
l’impastatrice con montato l’accessorio uncino
un contenitore o bacinella in acciaio inox o in materiale plastico per riporre l’impasto
una bilancia per pesare gli ingredienti.
Biga
Procedimento
Ipotizziamo di iniziare alle ore 19.00, manterremo la temperatura complessiva di 55°C data dalla somma di acqua + farina + ambiente.
Per fare questo dovrete conoscere la temperatura ambientale (ed in questo la sonda di temperatura può già aiutarvi).
Ipotizziamo che stiamo lavorando con 20,5°C ambientali, con 18,8°C la temperatura della farina, quindi sottraendo a 55°C le temperature di farina ed ambiente otterrete la temperatura dell’acqua che vi serve ----> 55 - 20,5 - 18,8 = 15,7°C
Portate quindi in una brocca l’acqua a 15,7°C, una volta pronta potete iniziare ad impastare.
Mettete la farina nella vasca, pesate a parte l’acqua che ti serve alla giusta temperatura, aggiungetegli il lievito e fatelo disciogliere girando un poco con un cucchiaio.
Avviate l’impastatrice con l’uncino e cominciate ad incorporare l’acqua.
Deve risultare un impasto grezzo molto sgranato, non serve amalgamare bene tutto, ma creare come dei macro granuli.
Quando sarà pronto fermate l’impastatrice, lasciate riposare anche nella sua bacinella coprendo con un telo, per 20H.
Impasto
Il giorno dopo alle ore 15.00 circa, riprendi la biga che avete fatto aggiungendo
Secondo Procedimento
Nella vasca con la biga ponete la farina e aggiungete la metà dell’acqua, iniziate ad impastare, aggiungete di volta in volta un poco dell’acqua rimasta, avendo cura a lasciarne circa 50 grammi per la fase conclusiva.
Quando sarà rimasta circa 50 ml di acqua iniziate ad introdurre l’olio che deve essere totalmente assorbito.
Cosa molto importante nella planetaria Teddy, è lavorare inizialmente a velocità 1 aumentando piano piano per raggiungere la velocità 2 - 2,3 circa.
L’impasto va “incordato” bene, deve vedersi non solo che la farina sia assorbita, ma che lavori, ci deve essere tensione e la pasta deve risultare liscia, molto elastica e con la chiara percezione di un elemento unico, che si tende e stira, ma resta sempre unito.
A questo punto inserite l’olio, l’impastatrice deve lavorare a velocità sostenuta, ma senza eccessi.
Ora che l’olio è assorbito, con l’impastatrice in funzione inserite il sale ed aggiungete l’acqua lentamente sino al suo completo assorbimento.
L’impasto è pronto.
Quando lo prenderete in mano l’impasto deve risultare estremamente elastico, formatene una palla e lasciate riposare sul piano coprendolo, ma non con pellicola di plastica, è sufficiente un recipiente capovolto.
Attendete circa 1 ora e poi spezzate l’impasto in base alla vostra necessità (in relazione alla teglia - consiglio di usare teglie di ferro blu
o in acciaio alluminato, sono quelle che offrono un eccellente conducibilità termica.
Anche per le pizze singole rotonde
Ideale sarebbe lasciare riposare in frigo l’impasto già porzionato, in un contenitore coperto,
per poi utilizzarlo il giorno dopo avendo cura di tirarlo fuori dal frigorifero per tempo, mediamente 4 ore prima (dipende dalla temperatura ambiente).
Adesso potete stendere la pasta e passare alla farcitura per l’immediata cottura nel forno.
Seguendo i diversi passaggi e i tempi di lievitazione realizzerete un impasto molto digeribile, con una adeguata maturazione e umidità complessiva; i tempi di riposo possono essere aumentati per ottenere impasti ancora più leggeri.
Quando avrete fatto la vostra pizza sarebbe bello ricevere le vostre foto e commenti, per crescere insieme e poterci confrontare sui progressi e suggerimenti che potrete darci.
Scrivete a info@afcoltellerie.com
W la pizza
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